Non
fu sempre Torino la ‘casa’ della Sindone. Durante la seconda guerra
mondiale il sacro lenzuolo venne nascosto prima al Quirinale e poi, per
sette anni, nell’abbazia Montevergine, vicino Avellino, dove si salvò
dalle mire dei tedeschi che erano interessati alla reliquia. A svelarlo
è Sergio Boschiero, segretario nazionale dell’Unione Monarchica
Italiana, che anticipa all’ADNKRONOS un suo articolo per la rivista
“Storia in rete”. La ‘fuga’ della Sindone, secondo Boschiero fu voluta
da Vittorio Emanuele III che voleva salvarla dalle bombe e non solo.
Era risaputo infatti che Hitler fosse alla ricerca delle reliquie
famose, come il Santo Graal, la lancia di Longino e l’Arca
dell’Alleanza, avrebbe quindi potuto pensare anche alla Sindone. Tutto
fu fatto in grande segreto. Solo il Re, Papa Pio XII e il Cardinale
segretario di Stato Luigi Maglione e Monsignor Giovanni Battista
Montini, allora sostituto alla Segreteria di Stato vaticana, sapevano
dell’operazione.
Inizialmente si pensò a tre
diverse sedi: Quirinale, Vaticano oppure Abbazia di Montecassino.
Nessuna di queste sembrò una sede sicura, come del resto hanno
dimostrato le vicende storiche. Quindi si optò per il l monastero di
Montevergine dove fu tenuta nascosta fino alla fine della guerra in una
cappella secondaria.
“Partirono dal Quirinale
due automobili – spiega padre Andrea Davide Cardin dei Benedettini
Sublacensi, direttore della Biblioteca Statale di Montevergine – ma non
c’è alcuna documentazione su dove fossero dirette. Le notizie ci
vengono fornite solo da alcuni nostri registri che abbiamo provveduto
ad inviare, solo di recente, anche al Quirinale dove, era tale il
segreto, che si evitò di lasciare alcuna testimonianza”.
Pure Mussolini e il regime fascista vennero tenuti all’oscuro
dell’operazione. Nemmeno il cardinale Fossati, Arcivescovo di Torino,
era stato informato della partenza della Sacra Sindone dal capoluogo
piemontese il 7 settembre del 1939, a qualche mese dall’entrata in
guerra dell’Italia al fianco della Germania.
“Una
ragione plausibile – spiega Boschiero – può essere stata la necessità
che il Cardinale, non sapendolo, non avrebbe potuto parlare neanche
sotto tortura. Egli sarebbe andato a Montevergine a guerra finita, per
riportare a Torino la reliquia dopo aver ottenuto il consenso del Re
Umberto II, il consenso indispensabile essendo la Sindone proprietà di
Casa Savoia”. Infatti, in una lettera del 10 giugno 1946, solo tre
giorni prima della partenza dell’esilio, Umberto II scriveva al
Cardinale Fossati dando il consenso a la Sindone "ritrovi il suo
pristino collocamento a Torino, nella Cappella che ne reca il nome”.
Il Cardinale Fossati giunse a Montevergine per riportare la Sindone a
Torino ma, prima di iniziare il viaggio di ritorno in auto fino a Roma
e in treno da Roma a Torino, autorizzò una straordinaria ostensione
della Sacra Sindone solo per i padri del monastero che l’avevano
nascosta e protetta. Nella notte fra il 28 e il 29 ottobre 1946 la
Sindone fu aperta per soli dieci minuti.
Il
Cardinale Fossati in un messaggio indirizzato ai fedeli e al clero
della diocesi di Torino, in occasione del ritorno della sacra Reliquia
nella sua storica sede, scrisse che “fu saggia cosa l’averla
allontanata da Torino, perché se anche rispettata dalle bombe, non
sarebbe forse stata rispettata dall’invasore che si affrettò a
chiederne notizie”.
Infatti, il comandante
tedesco della piazza di Torino dopo l’8 settembre del 1943 chiedeva
notizia di dove fosse. Ora, in occasione della ostensione della
Sindone, anche l’abbazia di Montevergine vuole celebrare la Sacra
Reliquia con una mostra che inaugurerà il 5 giugno: “Abbiamo voluto
raccontare attraverso 20 pannelli – spiega padre Andrea Davide Cardin –
tutta la storia della Sindone esponendo anche, per la prima volta,
tutte le nostre testimonianze”.
Intervista a Sergio Boschiero dell'ADNKRONOS, 18/05/2010
LA SACRA SINDONE E HITLER
articolo di Sergio Boschiero, pubblicato su "Storia in Rete", maggio 2010
Il 7
settembre 1939 la Sacra
Sindone fu prelevata dalla sua sede storica nella città di Torino e
nascosta il
25 dello stesso mese nell’antica abbazia-monastero di Montevergine, a
20 km da
Avellino, a 900 da Torino, a 1270 metri di altitudine. Vi sarebbe
ritornata 7
anni dopo, alla fine del mese di ottobre 1946, accompagnata
dall’Arcivescovo di
Torino, il Cardinale Maurilio Fossati. La Sindone era proprietà di Casa
Savoia.
La Sacra Reliquia, prima di giungere a Montevergine, l’8 settembre 1939
fu
accolta nel Palazzo Reale del Quirinale e collocata nella cappella
detta di
Guido Reni dove rimase fino al 25 settembre successivo quando, a
seguito di una
consultazione fra il Re Vittorio Emanuele III e il Papa Pio XII, fu
scelta l’Abbazia
di Montevergine ritenuta più sicura del Vaticano e di Montecassino.
Nell’operazione Sindone furono coinvolti, oltre al Papa e al Re, anche
il
Cardinale segretario di Stato Luigi Maglione, che giunse inatteso a
Montevergine il 27 settembre 1939 (il 25 sera era giunta la Sindone) e
Monsignor Giovanni Battista Montini, allora sostituto alla Segreteria
di Stato
vaticana.
La
seconda guerra mondiale era
iniziata il 1 settembre 1939 con l’invasione della Polonia. L’Italia
era ancora
neutrale e sarebbero passati quasi nove mesi prima della nostra
dichiarazione
di guerra alla Francia e all’Inghilterra. Perché allora tanta fretta
per
mettere al sicuro la Sindone e come spiegare la mobilitazione della
Santa Sede
e del Re mentre Mussolini e il regime fascista venivano tenuti
all’oscuro
dell’operazione? Non va dimenticato che l’Italia nel 1938 si era
sciaguratamente alleata con la Germania nazista e che molti esponenti
nazisti
erano alla ricerca di reliquie famose, come il Santo Graal, la lancia
di
Longino, l’Arca dell’Alleanza etc. L’attendibilità della Sindone e il
culto di
massa che essa suscitava nel popolo cristiano avrebbero impresso il
marchio del
sacrilegio ad ogni tentativo di renderla oggetto di violenza o di
utilizzarla
per fini non religiosi ma Hitler la voleva come si evince da quanto
segue. Riportiamo
il messaggio del Cardinale Maurilio Fossati, indirizzato ai fedeli e al
clero
della diocesi di Torino, in occasione del ritorno della Sacra Sindone
nella sua
storica sede del capoluogo piemontese (la Cappella del Guarini nel
Palazzo
Reale).
“Venerati
sacerdoti e figli
carissimi, ho voluto stendere queste righe perché rimanga memoria nella
storia
religiosa della nostra Torino di questo allontanamento e successivo
ritorno
della Sacra Sindone, uno dei tanti particolari di quest’ultima guerra. Fu saggia cosa l’averla allontanata da
Torino, perché se anche rispettata dalle bombe, non sarebbe forse stata rispettata dall’invasore
che si affrettò a
chiederne notizie. Ma che ne sarebbe stato se invece che ai
benedettini di
Montevergine essa fosse stata affidata a quelli di Montecassino?” (cfr.
Rivista
Diocesana Torinese, periodico ufficiale per gli atti dell’Arcivescovo e
della
Curia, anno 23, n°11 – novembre 1946, pag. 150).
L’invasore
che chiese dove fosse
la sacra Sindone era il comandante tedesco della piazza di Torino dopo
l’8
settembre 1943. Se la Sindone fosse rimasta a Torino sarebbe stato più
agevole
impadronirsene anche in considerazione dello strapotere che le truppe
tedesche
esercitarono dopo l’8 settembre 1943, soprattutto nell’Italia
settentrionale.
Anche
Montevergine comportò
qualche rischio quando l’avanzata degli eserciti alleati interessò la
zona di
Avellino; la città irpina, il 14 settembre 1943, subì un pesante
bombardamento
americano. L’Abbazia, data l’altitudine, divenne l’osservatorio delle
truppe
tedesche prima e anglo americane dopo.
Il
Santuario dopo il
bombardamento di Avellino si aprì a circa millecinquecento persone che
furono
sfamate e medicate dai padri benedettini sublacensi.
Il
segreto della Sindone nascosta
non fu svelato e uscì indenne da tutti i rischi. Furono e restano degni
di
ammirazione i monaci ma anche coloro che da Torino a Roma, fino a
Montevergine,
uomini di Chiesa, della burocrazia statale e dei Reali Carabinieri
sapevano e
non parlarono. Oggi, finito il Regno, è rarefatto il valore del
giuramento…
quanto avrebbe resistito il segreto di Montevergine?
I tedeschi arrivarono a Montevergine prima del tramonto - lo stesso
giorno in
cui Avellino venne bombardata - e perquisirono gli ambienti
dell’Abbazia,
entrarono nella Cappella dove era custodita la Sindone senza scoprire
nulla.
Ritornarono alle ore 23 e soldati entrarono nuovamente nella Cappella
che
ospitava la Sindone ma, visti i monaci in preghiera, ebbero dal loro
capitano
l’ordine di uscire per non disturbare. Il 1 ottobre 1943 arrivò
all’Abbazia la
prima Jeep americana.
Fra la
documentazione che ho
avuto modo di vedere è emerso un fatto singolare: il Cardinale Fossati,
Arcivescovo di Torino, non era stato nemmeno informato della partenza
della
Sacra Sindone dal capoluogo piemontese il 7 settembre del 1939. Una
ragione
plausibile può essere stata la necessità che il Cardinale, non
sapendolo, non
avrebbe potuto parlare neanche sotto tortura. Egli sarebbe andato a
Montevergine, a guerra finita, per riportare a Torino la Reliquia dopo
aver
ottenuto il consenso del Re Umberto II, consenso indispensabile essendo
la
Sindone proprietà di Casa Savoia.
In una
lettera datata 10 giugno
1946, solo tre giorni prima della partenza per l’esilio, Umberto II
così
scriveva al Cardinale Fossati: “Gli eventi in corso mi inducono oggi a
comunicare a Vostra Eminenza Reverendissima che – mentre è mio
intendimento che
la preziosa Reliquia rimanga sacro e inalienabile retaggio della mia
Casa – do
sin d’ora il mio pieno consenso a che ritrovi il suo pristino
collocamento a
Torino, nella Cappella che ne reca il nome” (in AVIII,4). Il Cardinale
Fossati
giunse a Montevergine per riportare la Sindone a Torino ma, prima di
iniziare
il viaggio di ritorno in auto fino a Roma e in treno da Roma a Torino)
autorizzò una straordinaria ostensione della Sacra Sindone nella notte
fra il
28 e il 29 ottobre 1946.
A
proposito delle componenti
esoteriche del terzo Reich ho interpellato, prima di accingermi a
scrivere
delle vicissitudini della Sindone, un ricercatore e storico lucano, il
dott.
Paolo Tritto, che mi ha segnalato, per i saggi Superbur, il libro di
Giorgio
Galli intitolato “Hitler e il nazismo magico”.
Scrive
Tritto “Nel libro di Galli
si troverà qualcosa sui rapporti fra il nazismo e l’esoterismo. Al
momento
della lettura ritenni credibili le ricostruzioni di Galli. Ancora oggi
le
ritengo in gran parte valide, ma Galli finisce, forse
involontariamente, per
tracciare un ritratto dal quale viene fuori il solito Hitler
schizofrenico.
Credo invece che Hitler avesse una visione troppo lucida per essere
concepita
dalla mente di uno squilibrato. Certo, era totalmente fuori dalla
normalità. Ma
io non parlerei di schizofrenia; forse il suo era un disegno diabolico
o
addirittura il frutto di una personalità “indemoniata”. Forse si tratta
di un
caso di possessione diabolica. Non credo, perciò, che Hitler volesse
impossessarsi
della Sindone per riti esoterici. Secondo me la Sindone doveva
rappresentare
per lui il simbolo di qualcosa, aveva dunque un significato più
realistico.
Cito anche un altro testo “Colloqui con Hitler” di Hermann Rauschning.
In un
capitolo intitolato “l’Anticristo” l’autore riferisce di conversazioni
private
nelle quali Hitler aveva manifestato esplicitamente l’intenzione
“d’estirpare
radicalmente il cristianesimo in Germania con tutte le sue radici e i
suoi
rami”. Ma non è una semplice ostilità a sostenere questo diabolico
disegno, vi
è piuttosto il proposito usurpatore di sostituirsi alla Chiesa
cattolica nella
missione di redimere l’umanità. Rauschning riferisce che una volta
Hitler gli
disse: “Voglio svelare un segreto. Fonderò un Ordine.” L’obiettivo,
dice
Rauschning, era quello di trasformare le SS in una sorta di casta di
sacerdoti
segreti. Lo stesso autore riferisce inoltre che un giorno una donna del
suo
entourage diede ad Hitler uno strano suggerimento che pare lo abbia
suggestionato; la donna gli raccomandò di seguire la via della “magia
bianca” e
di diffidare invece dalla “magia nera”. Il talismano più potente della
magia
bianca è ritenuta proprio la Sacra Sindone. Forse fu questo – conclude
Paolo
Tritto – il percorso che condusse Hitler a progettare di
impossessarsene.”
Sergio
Boschiero
Si
ringrazia il Padre Andrea Davide Cardin, dei Benedettini
Sublacensi, Direttore della Biblioteca Statale di Montevergine, per il
materiale storico e fotografico dato in visione.
La
partenza della Sacra Sindone da Torino, alla volta di Montevergine. Fu
il Cadinale di Torino a collocala personalmente nell’automobile
preposta al viaggio.
La Sacra Sindone a Montevergine, sotto l'altare del Corretto da notte.
L’ostensione
della Sacra Sindone a Montevergine dopo la guerra.
Montevergine,
29 ottobre 1946: il Cardinale Maurilio Fossati tocca la custodia della
Sacra Sindone prima di iniziare il viaggio fino a Torino della santa
Reliquia.
La Sacra Sindone esce dal Santuario per essere riportata a Torino il 29 ottobre 1946.
L’ABBAZIA ED I SAVOIA
L’Abbazia
di Montevergine fu
fondata da San Guglielmo di Vercelli nel 1126. Fu visitata più volte
dal Re
Vittorio Emanuele III, dalla Regina Elena e dal Principe Umberto di
Savoia che
autorizzò in data 10 giugno 1946 il ritorno della Sacra Sindone a
Torino. Le
relazioni fra il Monastero di monte vergine e Casa Savoia sono molto
antiche,
risalgo al XIV secolo ed ebbero inizio con Margherita di Savoia, figlia
del
Duca Amedeo VIII. L’ultima visita al Santuario del Re Vittorio Emanuele
III e
della Regina Elena avvenne il 27 dicembre 1944.
Nella
foto il Principe di Piemonte in visita a Montevergine. Nelle foto
in alto, nel corpo dell'articolo, il Re Vittorio Emanuele III in visita
all'abazia di Montevergine e Umberto di Savoia con l’Abate Marcone di
Montevergine.
DOCUMENTI:
Abbazia
Nullius di Montevergine
Oggetto:
verbale di Consegna e di
deposito temporaneo della SS. Sindone.
L’anno
millenovecentotrentanove,
il giorno 25 del mese di settembre, in esecuzione degli ordini di S.M.
il Re e
Imperatore, comunicati a voce dal suo Ministro S.E. il conte senatore
del Regno
Piero Acquarone, e previe intese con la Santa Sede esperite pel tramite
del suo
cappellano Maggiore Mons. Giuseppe Beccaria, in uno dei locali del
santuario
dell’Abbazia Nullius Diocesis di Montevergine (provincia di Avellino)
sono
intervenuti S.E. Reverendissima il padre Giuseppe Ramiro Marcone, nella
sua
qualità di abate ordinario della detta Abbazia, mons. Paolo Brusa,
cappellano
di S.M. il Re e Imperatore, nella sua qualità di Custode della SS.
Sindone,
nonché il Reverendissimo Padre D. Bernardo Rabasca, Priore del detto
santuario
ed il Reverendissimo Mons. Giuseppe Gariglio, quali testimoni per
procedere
alla consegna di cui sotto. Premesso che, per misure precauzionali,
atteso
l’attuale stato politico internazionale, si è riconosciuta
l’opportunità di
trasferire in luogo più sicuro di quello dove viene abitualmente
custodita e
venerata la reliquia della SS. Sindone in Torino, nella sua cappella
omonima
dentro il Palazzo Reale, si è scelto all’uopo, per altissimo
suggerimento, come
luogo che offre le maggiori garanzie di sicurezza e di incolumità, il
detto
santuario di Montevergine. E pertanto, dopo essere stata tolta
dall’abituale
suo luogo la cassetta d’argento contenente la detta reliquia e deposta
in una
cassa di legno, chiusa a viti, foderata di tela bianca ricucita
all’ingiro e
cinta con spago recante ai nodi il sigillo di piombo con le iniziali
del conte
generale Giovanni Amico di Meane, Reggente dell’Amministrazione della
Real Casa
in Torino, giusta l’analogo verbale del 7 settembre 1939, essa cassa
contenete
l’insigne reliquia venne portata a Roma il giorno dopo, 8 settembre,
accompagnata dal menzionato cappellano di S.M. e custode della SS.
Sindone
Mons. Paolo Brusa, e dall’altro cappellano di S.M. teol. Don Giuseppe
Gallino,
e deposta provvisoriamente nella Cappella detta “di Guido Reni” dentro
il
Palazzo Reale del Quirinale. Da qui, il giorno 25 settembre 1939, dopo
fattosi
il debito riconoscimento della cassa e constatatane l’integrità, essa è
stata
presa in consegna dal detto Mons. Brusa, custode della SS. Sindone e
dal
menzionato Gariglio, Cappellano di S.M., entrambi incaricati dalla Real
Casa i
quali in automobile l’hanno portata in questo santuario per essere
temporaneamente e a titolo di deposito quivi custodita. La detta cassa,
descritta come sopra, misura di lunghezza m 1,40, di larghezza m.
0,365, e di
altezza m. 0,28, e come segno anche di riconoscimento porta
esternamente la
scritta: RELIQUIARII. Essa viene oggi consegnata dal predetto Mons.
Paolo Brusa,
quale Custode della SS. Sindone, al menzionato Ecc.mo Padre Giuseppe
Ramiro
Marcone, nella sua qualità di Abate ordinario come sopra, il quale
accetta lieto
di poter conservare nel santuario sì preziosa reliquia, e d’accordo la
collocata sotto l’altare del Coretto di
Notte chiuso a chiave da un robusto paliotto di legno,
presenti anche come
testimoni i menzionati: P. Don Bernardo Rabasca e Mons. Giuseppe
Gariglio.
Tale
luogo è stato giudicato il
più conveniente sia per la sicurezza che per il rispetto di quella
insigne
reliquia, della cui custodia assume ogni responsabilità il detto Abate.
Tale
reliquia verrà restituita e ritirata appena ne sarà dato l’ordine da
S.M. il Re
e Imperatore. Tutto quanto sopra si fa constare con il presente verbale
che
viene redatto in quattro esemplari firmati dagli intervenuti e muniti
del
sigillo del menzionato Abate. Questi quattro esemplari saranno
conservati uno
per ciascuno dal predetto Abate ordinario di Montevergine, dal
Cappellano
Maggiore si S. Maestà il Re e Imperatore, dal Custode della SS. Sindone
e dal Ministero
della Real Casa.
Montevergine,
25 settembre 1939
(f.to)
GIUSEPPE
RAMIRO MARCONE, Abb. Ord.
Can. PAOLO BRUSA,
cappel. di S.M. Custode della S. Sindone
Don. BERNARDO RABASCA, Priore
Mons. GIUSEPPE GARIGLIO,
cappel. di Sua Maestà
Nella foto l’Altare
del Coretto da Notte sotto al quale è stata nascosta la sacra Sindone.